Tramonto macchiato
Giovedì 23 dicembre 2021 h 17:21
Quando a fine dicembre ci vengono elargite a piene mani come doni preziosi le giornate più brevi e le notti più lunghe dell’anno, guardando per caso attraverso una finestra ancora aperta tra le quattro e le cinque di pomeriggio, può capitare di sentire il richiamo irresistibile della magia dei colori cangianti ogni attimo di un tramonto incipiente, e di ritrovarsi d’istinto già all’esterno un attimo dopo, una volta abbondonate le proprie occupazioni, di qualsiasi importanza esse siano. Tuttavia, chi già da un po’ di tempo abbia dovuto adattarsi suo malgrado a soluzioni lavorative spacciate a gran voce per assai intelligenti, e magari abiti anche in qualche periferia, per giunta di un piccolo centro, dove molte persone sono abituate sin dall’infanzia a esprimersi in maniera alquanto rozza o comunque assai spiacevole all’udito – un aspetto magari addirittura accentuatosi negli ultimi anni – chi dunque si trovi a vivere tutte insieme queste coincidenze infauste può avere talvolta la sventura di sentire quel meraviglioso momento di impalpabile confine tra giorno e notte mentre viene imbrattato dal dialogo colorito di qualche passante, sia esso impegnato in qualche importante telefonata di lavoro, o in un colloquio più informale con un compagno di strada. Non solo: a queste macchie vocali, metaforiche ma lo stesso maleodoranti, che sporcano il crepuscolo come il vino o il caffè su un capo bianco e fresco di lavaggio e di stiratura, si aggiunge spesso la risposta ancor più decisa di qualche quadrupede frustrato, nonché inflessibile guardiano della pace borghese della via dove abitano i suoi rispettabilissimi padroni e padroncini, naturalmente sostenuto in questa battaglia quotidiana e senza esclusione di colpi da molti altri esemplari della stessa specie, anche se spesso di razza diversa o meticci. Tanto che, a chi se ne rientri in casa a capo chino, sperando in un’occasione migliore per l’indomani, può capitare di chiedersi chi tra i contendenti abbia abbaiato veramente o di più, consolandosi nel frattempo con la delicatezza notturna di qualche trombettista jazz. Anche se, terminato l’incanto di un concerto registrato a tarda sera in qualche metropoli, urge sedersi nuovamente a quel lavoro venduto come intelligente, in realtà fonte di nevrosi, isolamento e tutte le conseguenze del caso.
[dalla cartella “Diario del 2021“; riferimento a Live from the Moonlight del Chet Baker Trio (1985)]