La mattina della Festa della Repubblica, quest’anno una domenica mattina di sole micidiale, auto spossate tornano lentamente da una notte di bagordi. A bordo hanno occhi stanchi e uno o più fegati affaticati, che muoiono dalla voglia di andare sotto le lenzuola, al buio e in un silenzio di tomba.
Lungo una strada laterale deserta e già violentata da una luce calda e chiara, una dozzina di lattine vuote di birra scadente prendono spiacevolmente il sole. Una dopo l’altra, come in un incubo, spuntano ovunque come funghi le esistenze domenicali più disparate.
Fuori da un bar che serve un pessimo caffè con latte scaduto, una ventina di ciclisti conversano simili a scimpanzé, mostrando bene al sole tutta la dentatura, molari compresi. Che dire? il sole non può che compiacersene. Vestiti di rosso, rosa, fucsia e bianco, i ciclisti sembrano un po’ un gruppo di soppresse con il filetto.
A pochi metri dai ciclisti, si ferma rombando una vecchia Porsche grigia, che emana puzza di gasolio e musica retrò, musica che sa tanto di nostalgia del paradiso perduto dell’infanzia. Dall’auto grigia scende un tipo sui 45 anni, baffuto, vestito di abiti chiari e leggeri, con in testa un cappello color sabbia. Il signore si siede sul cofano della sua Porsche vintage e fuma una sigaretta di tabaccaccio, non senza prima essersi assicurato che i ciclisti lo vedano e lo sentano. A quel punto, il gruppo di soli uomini con il pallino domenicale delle due ruote, prende a conversare ancor più animatamente. Parlando uno più forte dell’altro, anzi, uno sopra l’altro, i ciclisti fanno a gara a indovinare il remoto anno di produzione delle Porsche. Un anno che coincide con tanti e tanti ricordi di quanto tutto costava poco, almeno a sentire le loro fantasie regressive. Dal cofano della Porsche vintage, l’uomo sui 45 anni fa un cenno di saluto e poi riparte, soddisfatto di aver già raggiunto il suo misero scopo alle sette e mezza di mattina. Romba nuovamente il motore, e il signore di mezza età va in cerca di un altro posto dove esibire la sua auto puzzolente.
Eh sì, la pioggia è finita per il momento, è finita la musica dell’anima. Finalmente, dopo poche centinaia di metri, la porta di casa si riapre su un corridoio buio e su una musica scura, dove il canto gocciola su rose nere, che bevono avidamente freddo e notte.
[2019, dalla cartella 100% inedita “Ritratti” (work ever in progress)]
Oggi, anche in Italia, sempre più persone si ubriacano regolarmente di politica. Certo dal marzo 2020 in poi, ma anche da molto, molto prima. Il problema riguarda pressoché tutte le fasce d’età, escluse forse l’infanzia e la preadolescenza, con un’incidenza maggiore tra gli uomini (31,28%), mentre le donne si attestano su un 21,89%. Pare che il problema sia davvero atavico, anche se l’individuazione esatta della nascita del primo italiano ubriaco di politica è di stretta competenza degli storici. A livello socio-sanitario invece, è importante dire subito che, a differenza delle sbornie da sostanze eccitanti o da denaro digitale, che danno un sollievo seppur momentaneo, l’overdose da discorsi a sfondo politico è fonte solo e soltanto di disagio. Detto altrimenti, se queste ubriacature si protraggono ravvicinate nel tempo, il cervello va incontro a un’intossicazione forte e progressiva, che coinvolge tutte le sue parti, e che è sempre più difficile da eliminare, man mano che le sbornie si susseguono costanti e sempre più intense. Più si procede con l’età, più alto è il rischio di assuefazione irreversibile. In molti casi, il soggetto è talmente ossessionato dalla sostanza tossica da non essere capace di pensare o parlare d’altro, e anzi da riuscire a tessere legami sempre più improbabili con la politica, anche quando il contesto e la conversazione ne sono del tutto estranei. D’altro canto, conversazioni e contesti privi di aspetti politici risultano fastidiosi, o comunque di nessun interesse. L’unico tipo di musica che il soggetto gradisce è quello con testi di carattere politico, dal cantautorato melodico al metal di denuncia sociale. In altre parole, la sostanza tossica domina completamente la vita psichica e tutto l’orizzonte mentale. Visto in una radiografia, l’encefalo di chi si sbronza regolarmente di politica appare quasi del tutto nero, intriso di una nebbia scura, estesa in tutte le aree.
Come nel caso di altri tipi di dipendenza però, i sintomi non finiscono qui: l’umore è spesso cattivo, rabbioso, oppure molto basso, frustrato, due aspetti questi che si alternano più volte a stretto giro nel corso anche di una sola giornata. Di questo è responsabile anche il flusso ininterrotto di informazioni trasmesse elettronicamente, con i loro continui aggiornamenti, che rendono presto vecchie tutte le notizie di poco prima, e tolgono qualsiasi certezza da sotto i piedi. In età giovanile, purtroppo anche scolare, i sintomi suddetti sono spesso il risultato della disillusione, che deriva dal consueto mancato mantenimento delle promesse elettorali, e quindi dalla frustrazione profonda di speranze come sempre mal riposte, o ancora dalla tragica constatazione di un Paese in campagna elettorale permanente. In età più avanzata invece – intendiamoci, a partire anche dai trenta o quarant’anni – le speranze, soprattutto quelle di miglioramenti radicali che non ci sono mai stati né ci saranno mai, lasciano il posto a previsioni unicamente cupe, talvolta addirittura apocalittiche. In alcuni casi, queste ultime contagiano spesso anche soggetti molto giovani, che sono soliti ubriacarsi di politica con persone molto più avanti negli anni. Tant’è che, anche nel nostro Paese, si registrano ogni anno decessi di ubriachi di politica, che di questa sostanza tossica erano preda anche da sessant’anni e oltre.
Anche se prevalentemente psichici, i sintomi delle sbornie da discorsi politici sono anche e soprattutto fisici. Parliamo di inappetenza, alternata a fame compulsiva di carboidrati e grassi nocivi, aumento di peso, debilitazione fisica generale, data anche da insonnia o comunque disturbi del riposo notturno. Se poi l’ubriacatura si protrae per diverse ore passate a parlare di politica, le orecchie prendono a ronzare, o addirittura si manifestano forti acufeni. Tuttavia, quanto detto finora non riguarda minimamente chi di politica vive, e ha quindi incarichi nelle amministrazioni locali, piuttosto che regionali o addirittura in Parlamento. L’intossicazione cerebrale, insieme con tutti gli altri disturbi psicosomatici, si riscontra infatti solo ed esclusivamente in chi svolge tutt’altro tipo di attività, e spesso deve cavarsela con poche risorse economiche, ottenute a fronte di un monte ore lavorativo esagerato e molto stancante. All’esatto opposto, più in alto svolazza la poltrona dove siede chi vive di politica, magari fin sopra le nuvole – e quindi irraggiungibile a chi invece sulla Terra deve vivere del proprio lavoro – più si dice pervaso di leggerezza e buon umore chi ci ha posato sopra il culo, naturalmente con l’intenzione di non alzarsi mai, a meno che non gli venga affidato un altro incarico, pagato almeno il doppio, tanto più redditizio quanti più disastri la persona in questione ha combinato. In questi soggetti, la frequenza cerebrale è sempre ottimale, come anche il compenso ideo-affettivo. Il sistema nervoso centrale e quello periferico sono soggetti agli stimoli più vari, il sonno è lungo e sereno, e prevale la produzione di ormoni benefici. Al contrario, l’ubriaco di politica soffre spesso di una forte carenza di melatonina, anche molto prima della vecchiaia, e fa incubi ricorrenti. Nella stragrande maggioranza dei casi, il profilo ematico è compromesso da tossine in quantità massiccia, eccesso di acido urico, valori epatici fuori controllo e trigliceridi alle stelle. Alcuni ricercatori sospettano per questo un legame tra le ubriacature politiche e malattie quali epatite da una parte e diabete dall’altra. Certo è invece che l’attività sessuale si fa via via sempre meno appagante, a meno che tra una fase dell’altra del coito non si parli dell’argomento che ossessiona uno o entrambi. Negli uomini si riscontrano poi di frequente disfunzioni erettili, eiaculazione precoce, produzione decrescente di liquido seminale ed eccessiva acquosità dello sperma. Nelle donne invece, i sintomi sono spesso il calo drastico del desiderio sessuale, anche in età giovanile, nervosismo e battibecchi dopo il coito, e in casi estremi, menopausa a trent’anni o addirittura sterilità conclamata.
A oggi, mancano ancora del tutto sia farmaci specifici, sia soprattutto terapie e centri riabilitativi, che mirino per prima cosa a disintossicare e ripulire il cervello dalla sostanza tossica, e per secondo a restituire i soggetti a una vita normale, fatta di attività e stimoli diversi. Questo perché, a differenza di altre sostanze che danno dipendenza, qui l’agente responsabile del disagio è difficile, se non impossibile da catturare fisicamente, e quindi da eliminare. Finora, terapie del sonno, coadiuvate da farmaci ansiolitici o stabilizzatori dell’umore, hanno avuto efficacia solo momentanea. L’unico rimedio noto e di buona efficacia, è l’isolamento di almeno due o tre anni da comunicazioni audiovisive di carattere politico, a seconda della gravità della situazione. Questo però, a patto che il soggetto se lo autoimponga, dato che nessun altro ha il potere di farlo, nemmeno un giudice. Il suddetto isolamento è però una scelta di pochi, anzi, pochissimi, perché la maggior parte dei soggetti rifiuta di ammettere il suo disagio. Rimangono poi aperte due domande importanti: 1. In quale contesto sarà mai possibile reinserire i soggetti disintossicati, se ovunque nel mondo è sufficiente uno smartphone per ricadere repentinamente nell’ossessione? 2. Chi e come ha il dovere di assistere le famiglie dell’ubriaco cronico di politica, dato che questo disturbo è spesso responsabile della distruzione di tantissimi matrimoni, fidanzamenti e in generale dello sfilacciarsi delle relazioni interpersonali? Un vuoto legislativo questo, difficilmente colmabile in tempi brevi, basti pensare alle tante emergenze e alle mille tensioni sociali oggi in atto nel nostro Paese, che gli eventi dal 2020 in poi non hanno fatto che acuire. Considerato anche che le ubriacature audiovisive di politica sono da tempo una strategia che serve a mantenere il potere, a farsi eleggere, come anche a creare consenso da una parte e dissenso dall’altra – ammesso e non concesso che le parti esistano ancora.
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