Lontano dal tramonto – dal cap. 2 – dischi
Un jukebox suonava canzoni rock a cavallo tra anni ’70 e ’80. Matteo andò davanti al jukebox. Molte di quelle canzoni le conosceva bene, le aveva ascoltate tante volte con mamma e papà quando era ancora un ragazzino, spesso la domenica, quando ascoltava i dischi prima o dopo pranzo.
“Adesso basta, figlio mio”, gli aveva detto il padre una di quelle domeniche, “è ora che cominci ad ascoltare qualcosa di serio, altro che tutta questa musicaccia che si sente alle radio private”, e subito dopo aveva messo su uno dei primi lavori dei Genesis. “Tu intanto siediti qui sul tappeto, davanti all’impianto”, aveva aggiunto, e poi aveva dato in mano al figlio la custodia del disco. “Ascolta e intanto segui il testo, oppure guarda le foto, loro sì che sono musicisti veri. I 33 giri ti impegnano la mente, figlio mio”.
“Cosa vuol dire che impegnano la mente? Non ho capito”, aveva chiesto Matteo.
“Ascoltando un po’ capirai subito”, era stata la risposta. Quando dopo sì e no venti minuti il suono della puntina aveva segnalato la fine del lato A, il ragazzo aveva subito capito il senso di quelle parole.
“Li vedi tutti questi dischi, figlio mio? Alcuni sono andato a prendermeli apposta anche a Bologna o a Milano, ma ne è valsa la pena eccome. Tanti sono arrivati da noi in Italia molto dopo che in Inghilterra, solo per dirti un Paese”, aveva continuato Mario, il padre, una volta finito l’ascolto. Pur conoscendo ancora pochissimo l’inglese, per suo figlio sentire i testi cantati insieme con la musica e intanto guardare la copertina dell’album era stato subito simile a un rapimento. Già dalla domenica successiva, la cosa sarebbe diventata un’abitudine, anzi, sarebbe stato Matteo a chiedere ai genitori di poter ascoltare il più spesso possibile quei nuovi oggetti del desiderio.
[…]
Passavano le settimane e i mesi, e un giorno dopo pranzo Mario invitò di nuovo il figlio a seguirlo in salotto, dove in un angolo era in piedi l’impianto Hi-Fi. “Sei fortunato, e lo sai perché? Perché mica c’è solo il rock qui a casa nostra”, aveva detto, e subito dopo aveva tirato fuori un album live di Bob Marley con gli Wailers. “Anche lui siamo andati a sentirlo dal vivo, a Roma, è stato pochi giorni prima che decidessimo di sposarci. Questo l’ho comprato subito dopo che lui era morto. Dai, perché non metti subito la quarta traccia? Si chiama I Shot The Sheriff, sentirai che attacco fenomenale!”
[…]
Leggendo i titoli delle canzoni del jukebox, tutti quei ricordi erano balenati per la mente a Matteo come una tempesta di lampi, tanto rapida quanto intensa. Le domeniche a casa dei genitori quando ancora faceva la scuola media, il blues che suonava suo padre quando aveva i capelli lunghi, l’ascolto dei dischi le domeniche pomeriggio d’inverno, al calore della stube di maiolica in salotto, Bob Marley e le sue grane con lo sceriffo Tom Brown. Tutto però non era altro che il suono di echi lontani.
[dal capitolo 2 del romanzo a quattro mani “Lontano dal tramonto” (2021), di Alessandro Corrado Baila e Luciano Da Ros]
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