Khadija e altre donne
Ma che strano pomeriggio avete vissuto oggi, fatto di un mezzo sole e tante nuvolette, che si muovevano lentamente, quasi a schiera. I discorsi vi cadevano leggeri dalle mani, come scampoli di seta gialla dalle dita lunghe e magre di una donna giovane. Profumo di iris gialli.
Finalmente, pochi giorni fa, è riuscita ad arrivare in Italia Khadija, moglie di un tuo caro amico. Si sono sposati in Marocco nel gennaio 2020, ma lei è arrivata da noi solo questo mese. Tra l’altro anche dopo anni di battaglie burocratiche e documenti da tradurre alla perfezione assoluta. Perché una volta è bastata una consonante in più nel cognome di lei, il documento non è stato accettato ed è tornato indietro. Tradurre di nuovo – e pagare un’altra volta. Tra l’altro – perché della questione mondiale hai già scritto che basta. Khadija è su quaranta, come suo marito, e porta un turbante che le copre i capelli. È vestita di toni color sabbia, con una maglia tutta decorata di stelle bianche. Con lei vi capite con un po’ di francese, ma la moglie del tuo amico vi dice di capire già buona parte di quel che dite in italiano, solo non sa rispondere. Beve lentamente un caffè liscio.
Molto, molto diversa da lei è invece la ragazza che riceve il pagamento delle vostre consumazioni, che ha le labbra quasi gonfie di rossetto e il resto del viso quasi tumido di trucco. Porta un completo elegante blu, fatto di giacca e pantaloni, e sotto una camicia azzurra. Neanche lavorasse alla reception di qualche hotel di lusso a Londra. Capelli lunghi, castani scuri. Degna di un posto d’onore in un museo delle cere.
Segue l’apparizione di una donna anziana, sui settant’anni, che ti apre la porta del negozio di riparazioni dove hai portato la bici a causa di una gomma a terra. La signora è di media altezza e porta i capelli corti. Arrivi proprio mentre il marito sta ultimando il lavoro e rimontando la ruota. Con lo sguardo scazzato e gli occhi un po’ chiusi, il signore guarda per la milionesima volta la ruota che gira, e ascolta per assicurarsi che il movimento sia perfetto. Ha uno stanzone stipato di biciclette e motorini da riparare, e alla sua età non ha esattamente l’aria di chi non vede l’ora di andare a cuccarsi un aperitivo subito dopo la fine della settimana lavorativa.
Poco dopo, quando è già buio, continuano ad apparire donne. Eccone una là, sì, è la bruna con i capelli castano scuro, quasi neri. Indossa un cappottino color sabbia, pantaloni e stivali a ginocchio, neri anche quelli. Occhi grandi, naso piccolo e labbra spesse. Sul metro e 70. Sennonché, è accompagnata da un pacioccone palestrato, con il volto pressoché piatto, fatta eccezione per il naso da pugile.
Poco distante da loro, sono seduti uno di fianco all’altra una donna bionda, alta, con gli occhiali enormi e il suo uomo. A giudicare da come si parlano, come si toccano e quanto appiccicati stanno, devono essere ancora nel pieno dell’innamoramento.
Parlando il venerdì sera di logica matematica, comandamenti negativi, libri di storia e sociologia, della mente che non sa metabolizzare le negazioni, e poi di doppie negazioni che in alcune lingue producono un’affermazione, tu e il tuo compare vi sentite proprio come due pesci fuor d’acqua, anzi, due pesci che boccheggiano in un torrente in secca. Si aggrega a voi solo Alessio, un ragazzo giovanissimo, che di lavoro fa l’agente immobiliare. Capelli e occhi chiari. Porta un completo elegante e gli occhiali anche lui. Parla del suo lavoro e di quanti altri lavori dovrà fare nei prossimi decenni, e della pensione che dovrà pagarsi di tasca sua – se ci andrà. Vi dice addirittura che nel nostro Paese ci vorrebbero più persone come voi, anche in contesti come quello. Poco dopo, Alessio fa per andarsene, o forse va solo alla banca dall’altra parte della strada per prelevare in vista del resto della serata. Lo chiami da dietro per salutarlo. E lui ti ringrazia tanto, non finirebbe mai.
Ed eccoti qui, infine, in cucina, a scrivere, una cosa importante quasi come l’acqua da bere. E ad ascoltare musica ambient di ieri e poi più recente.
Ma non piove. Da mesi.
[dalla cartella “Ritratti” – sera di venerdì 9 marzo 2023 –
ascoltando Evening Star di Robert Fripp e Brian Eno (1975) e poi Winter Garden di Eraldo Bernocchi, Robin Guthrie e Harold Budd (2011)]
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