Rumore, rumore, solo rumore
Ieri, verso sera, mentre piovigginava acqua fredda, ho creduto davvero di parlare con diverse persone, anche di argomenti molto diversi, come spesso accade nella comunicazione verbale, quando nessuno si lamenta o ha da ridire se di punto in bianco si cambia del tutto il tema della conversazione. Di nuovo mi ero abbandonato tutto me stesso a una folle illusione! Stamattina, dopo aver dormito sodo (almeno una volta ogni tanto), ho sorseggiato un po’ di caffè e ho ascoltato un po’ di smooth jazz italiano. Ed ecco, la caffeina mi è entrata subito in circolo, dritta nel cervello, e mi è stato subito chiaro che altro non avevo sentito e io stesso altro non avevo detto che rumore, rumore e ancora soltanto rumore. Oppure un ronzio continuo, come quando abbiamo un raffreddore forte e le orecchie tappate. O come quando tentiamo di parlare al telefono con qualcuno, ma la linea è molto disturbata, e non sentiamo che mezze frasi interrotte, o parole smozzicate e pressoché incomprensibili, tanto che spesso chiudiamo la conversazione con un “Ti richiamo più tardi, qui non c’è campo”. Il massimo della conversazione era stato quel fossile vivente e assurdo del festival della canzone italiana, oppure i titoli della Gazzetta dello Sport, resi sempre più eclatanti come misura di contrasto all’oblio più nero del giorno successivo.
Prima di tornarmene a casa, mi sono fermato un paio di minuti a guardare le persone con cui avevo parlato, come anche quelle di cui avevo carpito per così dire qualche stralcio di “dialogo”. Ed ecco che molte di loro mi sono apparse come prive di maschere e abiti come status symbol, anzi, divise in diversi tagli di carne più o meno pregiati e gustosi, neanche fossero stati bovini da macello. Dalle parti da stufare o con cui preparare un arrosto succoso per i giorni di festa in famiglia, passando per le semplici fettine, che si cuociono rapidamente in padella, con un filo di olio di oliva, rigorosamente extravergine e di provenienza certificata. Molti avrebbero meritato di portare davanti e dietro un bel cartello con scritto bene in evidenza “Io sono in vendita! Chi offre di più? Fatevi avanti!”. Il cervello però non l’ho visto a nessuno di loro, forse perché era stato sostituito da un vuoto mentale che più spinto non si può. Un aspetto tipico della regressione alla condizione di animale, assai frequente nei nostri anni. Ahimè, davvero un peccato per chi ama arricchire una semplice zuppa di verdura con un bel pezzo di sostanziosa materia grigia!
“Dunque, che fare?”, mi sono chiesto, quando il sole si era già alzato per bene. “Rifugiarsi nelle quattro mura domestiche e nelle amicizie online? Sentire le persone a distanza, sempre protetti da uno schermo, potendoci spacciare per chiunque, anche per l’esatto contrario di noi stessi, come ci insegnano a fare sempre più spesso, man mano che passano gli anni?”. Bah, anche no, perché prima era la TV, mentre adesso è il web, che dopo pochi anni altro non è diventato che una rete capillare di canali di scolo, sempre intasati, che straripano anch’essi di rumori molesti, immondizie musicali e sporcizia digitale, ma non per questo meno maleodorante.
[dalla cartella del tutto inedita “Diario 2024”, che continua anno dopo anno dal febbraio 2020, quando mai troverò un finale?]
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Comprami, io sono in vendita, e non mi credere irraggiungibile!
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